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BALLANTONIO
Alberto Cesa
Antonio era un ragazzo uno dei tanti che da poco aveva lasciato il profumo del sale le carezze del sole per affittar le braccia all'illusione per regalare il cuore al padrone
Quella notte girava muto e un po' impaurito tra gli sguardi stanchi e tesi dei compagni del picchetto del cancello di quel ghetto bombardato dalle schegge dispettose delle fiamme di cassette appena accese
E quella sera che avevan preparato lì davanti un gran concerto un concerto di sostegno / un bel palco di legno per lasciare un segno chiaro e organizzato sulle tute di quel popolo incazzato
Quando il dio dell’auto fulminò l’interruttore e del concerto non se ne fece niente e in quella contrada fu musica di strada un canto antico gli riempiva il cuore mentre la luna faceva il riflettore
Lui dalla notte sentiva ritornare il suono dolce il suono amico di chitarra battente / un organetto insistente e i suoi piedi si lanciarono provetti come san fare quelli dei folletti
Così Antonio rivide quella sera le facce belle e scure gli amici e i colori / degli alberi e i suoi fiori vide i cancelli in aria rotolare verso le nuvole che ballavano sul mare
E dalla fabbrica ogni macchina ogni cosa come d'incanto se ne volò via in un mondo diverso / dove il male è scomparso mentre i compagni gli prendevano la mano per quella danza per quel ballo strano
E non sapeva che in una stanza segreta un'altra storia l'avevano tracciata i nemici con gli amici / quelli di facciata ma quella piccola canzone da ballare neanche loro la potevano fermare
Loro che i canti non hanno da danzare non hanno i balli che ti prendono per mano e padroni e replicanti / spariron tutti quanti spazzati via dal ritmo circolare oltre quel muro di cultura popolare
disco FOGLI VOLANTI
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