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OMAGGIO AL VENTICINQUENNALE
DI ALBERTO CESA & CANTOVIVO
“discorso” scritto dal giornalista
della Stampa Renato Scagliola e letto da Franco Contardo (entrambi
“cantambanchi” doc) a Rorà, Val Pellice, il 23
maggio 1999, alla presenza di Fausto Amodei, Raffaella de Vita, Giorgio
Bianchi, Chastelado, Cantambanchi, Cantovivo e altri artisti di varia
natura....
Rorà, Val Pellice, il 23 maggio 1999anche se era meglio se
era il 25 aprile o il Primo Maggio.
Va beh.
Eccoci riuniti per festeggiare i festeggiamenti della festa del 250°
anniversario della fondazione del Cantovivo, avvenuta nel lontano
1749 con Regie Patenti di Carlo Emanuele III re di Sardegna che sembra
ieri.
Innumerevoli i meriti della eroica formazione che ha partecipato alla
rivoluzione francese insieme al giacobino monsieur De Bertinotte,
ha insegnato le canzoni a Costantino Nigra - che poi ha fatto un libro
e non gli ha dato neanche una lira - e quando i suonatori erano carbonari
con deposito anche della legna in via Cibrario hanno anche partecipato
al Risorgimento, e poi cantavano insieme con Brofferio ai Combattenti
di corso Casale l'inno dei muratori «Bondì care muraje...»,
e una volta hanno suonato al castello di Racconigi per il Re Galantuomo
che mentre cinfrugnava sotto le gonne della Bela Rosin borbottava
«Crispa però che bele pupe ca l'ha la cantante, e 'nvece
chi a l'é col balengo ca gira la manuja a col mes botalin ca
fa col rumor ca smia na ressia?»
E poi hanno fatto anche i concerti nell'astigiano per combattere la
peronospera e la spagnola, per non parlare della Resistenza che la
raccontano ancora adesso.
E in special modo il maestro Cesa è gravido di esperienze di
ogni sorta di cultura popolare perchè nella sua lunga carriera
ha fatto l'alpino sul Monte Grappa - un nome un destino - la mondina
a Tronzano Vercellese, la ricamatrice al tombolo in Valsesia, il marghè
occitano a Sambuco, il giratore di polente valdesi a Bobbio Pellice,
e poi la massaia rurale a Dogliani che cantava sempre j’euv.
Tutti mestieri tradizionali che poi ha fatto tutte le ballate relative
che sono arrivate fino a noi anche tramite Defendini e Interfernet.
Ma il nostro in tempi moderni è stato anche richiesto per la
musica sinfonica, che a un certo punto di un'opera di Mozart - durata
sei ore e 45 - era previsto un a solo della ghironda, importantissimo
e difficilissimo, tutto pieno di biscrome e anche triscrome, della
durata di 20 secondi che faceva: ziguziguziza, ziguzziguzà,
zazzà e stop.
Per fare esercizio il Cesa era stato ospitato in una capanna senza
riscaldamento oltre il circolo polare tra i laghi gelati dove suonava
la sua ghironda di giorno e di notte e mangiava gli ermellini crudi
e poi si è fatto un mantellina con le pelli e urlava tutto
nudo nella neve «perchè io sono il re della ghironda»;
e il suono mai sentito nelle tundre ha provocato un disgelo catastrofico,
l'aurora boreale a mezzogiorno, e tutte le renne hanno perso il pelo
di colpo che poi sembravano vitelli della coscia e per il ronzio orrendo
ai nomadi Samoiedi gli usciva il sangue dal naso e gli è venuta
perfino l'otite agli abitanti della limitrofa San Pietroburgo.
Però il maestro della filarmonica di Kukumerlu (col kappa)
che aveva invitato il nostro in Finlandia, era strabiliato per la
maestria del Cesa nel suonare la viulo e siccome sapeva della sua
ignoranza della musica baltica, quando era ora gli diceva, anche per
rispetto della tradizione piemontese: «taca borgnu», e
tutti i professori dell'orchestra erano ammutoliti dall'ammirazione
e con la bocca aperta che gli cadevano gli oboe e i clarini sui piedi,
e la platea gridava «Kalevala, Kalevala, Kekkonen» e poi
più forte «Aalto!!!»
E poi nella vicenda umana e sovrumana del nostro è venuta l'iscrizione
alla Rifecondazione Comunista, che le piaceva perchè così
i compagni ciulano agratis e due volte (prima la fecondazione e poi
la rifecondazione), e qualcuni credevano che la fecondazione in vitro
voleva dire farsi una mano seduti su una damigiana spagliata, e quella
assistita invece quando c'è uno che sta a guardare e dice mettilo
un po' più in qua, un po' più in là, insomma
una cosa così.
Al principio il Partito ha fatto difficoltà al compagno Cesa
per via del cognome poi però hanno deciso che tanto sono tutti
napuli e non capiscono il piemontese e va bene così.
Indimenticabile l'esperienza della tournè a Cuba, organizzata
dall'Arci-Pelago, e quando erano sulla spiaggia di Varadero che facevano
la rivoluzione sotto le palme, che a momenti si prendevano lo scolo
socialista, è passato Fidel Castro che ha detto «Diofa!
Guardlo sì Cesa, tri ricorde che quando lavoravo ala Viberti
andavamo sempre a giocare a scopa alla Concordia di via Borgone? E
andavamo ai comizi di Pajetta in piazza Sabotino? Diubel, ven che
andiamo a bere e poi mi suoni quella bella canzone canavesana dell'
«Hasta siempre comandante».
E quei pezzenti dei cantambanchi invece sono verdi dall'invidia che
Fidel Castro non le ha mai detto ne crpa nè sciopa, e il più
lontano che sono andati a suonare è stato in Borgata Lesna
solo perchè erano raccomandati dalla moglie di Contardo.
E comunque sono bravi uguale a Cantovivo se si tratta di andare a
mangiare e bere a casa degli altri e disposti a qualunque sacrificio
per la libertà dei popoli che su lottiam l'ideale ma con le
gambe sotto le tavole e sciao. |
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