dal libro
FOLK GENETICAMENTE MODIFICATO
di Luca Ferrari
A cui è allegato un cd-compilation con i principali protagonisti della musica italiana in cui Cesa è presente con Partigiano (dal DiscoLibro “i Fogli Volanti - il manifesto 067)
Edizioni Stampa Alternativa - Giugno 2003
Alberto Cesa
Cantovivo ha suonato da qualche minuto nella splendida piazza del paese, davanti a un pubblico caloroso ma intirizzito dal gelo, un repertorio appassionato di canti politici e del lavoro per celebrare il 25 aprile. Poco dopo, al caldo di un tavolo della “Crepa”, il prestigioso ristorante locale, da affabulatore qual è Alberto Cesa, leader storico del gruppo, parla a ruota libera di musica, politica, esperienze di vita con rara passione e coinvolgimento. (Isola Dovarese, 27/4/2002)
”... quando nel concerto ho parlato del “mondo dei vinti” ho voluto fare un riferimento storico - oltre che letterario: come sai benissimo è il titolo di uno dei libri più importanti di Nuto Revelli - a quelli che De Martino chiamava i “muti della storia”. Nel senso che è un dato inconfutabile che la cultura popolare sia la testimonianza del mondo di tutti quegli uomini e quelle donne che storicamente non hanno avuto la possibilità di manifestare, nelle forme che ha avuto invece il potere, le proprie idee, la propria identità, la propria dimensione. Il “mondo dei vinti” non è soltanto il mondo di gente sconfitta perché, per fare un esempio, è andata a combattere guerre che non le appartenevano e ci ha pure lasciato la pelle… è anche e soprattutto il mondo di chi è emarginato da una storia decisa e scritta dai potenti e che perciò non gli appartiene. Per spiegarmi meglio, c’è un mondo contadino, che poi è diventato anche operaio, che vive da secoli al di fuori delle logiche di chi decide i destini dell’umanità (succede tuttora!) e che spesso vede la propria autonomia culturale trasformarsi in cultura subalterna e oppressa.... Detto questo però, ed è da qui che noi stessi siamo partiti... a volte succede che l’isolamento spezzato con violenza si trasforma in rivincita culturale. E’ quello che è successo per esempio con la Resistenza. I protagonisti del cosiddetto mondo dei vinti decidono un bel giorno di prendere in mano il proprio destino e di ribaltare il corso della storia. Quando ho dato il via all’avventura del Cantovivo nei primi anni ’70, mi sono subito ancorato e senza mai abbandonarla a questa chiave politica e culturale... avevo ascoltato i racconti dei partigiani (ancora forti e pimpanti), le loro canzoni, di guerra ma non solo, perché loro erano portatori naturali della tradizione popolare, di quello che oggi possiamo chiamare tranquillamente il “folk tradizionale”... La cultura popolare per me era questo, non i libri di storia, non gli studi etnomusicologici (almeno, non solo!!!) ecc. Per me era la realtà viva, fatta di racconti veri e di persone... un contesto naturale, che in parte rientrava nella mia storia personale. Oggi viviamo purtroppo in una realtà più stupida, molto finta, distorta, e per di più sempre in bilico tra farsa e tragedia. C’è in atto, ne sono convinto, una vera e propria degenerazione antropologica... pensa allo scarto che c’é tra la rappresentazione mediatica del mondo, non soltanto di stampo berlusconiano, e la realtà vera... Per farmi capire meglio, hai guardato bene le facce, gli sguardi, i gesti delle persone che erano alla manifestazione di Roma della CGIL? Hai visto gli occhi incazzati, i sorrisi beffardi, la spontaneità dirompente di quegli anziani che dopo aver combattuto e lavorato una vita per il proprio paese si vedono trattati come numeri statistici per non dire di peggio... E i loro figli, i loro nipoti, così diversi da quelli imbellettati che mangiano nei “mulini bianchi”... che c’è perfino chi ci crede, pazzesco! E poi le facce false e ipocrite degli uomini al comando... di quella gente, anzi gentaglia, che da tutte le televisioni del regime ci ricorda in ogni momento che non soltanto il mondo non è quello possibile che sogniamo... ma che dalla merda in cui ci troviamo non ne usciremo mai!!!”.
Ma allora tu ti senti uno sconfitto?
“Io non mi sento sconfitto! Io credo davvero che un altro mondo sia possibile. E per questo continuerò a battermi e sbattermi fin che avrò un pizzico di energia!!! Non intendo abbassare la guardia, anche se non credo più tanto all’idea “degregoriana” che la storia siamo noi... La storia vola ben sopra le nostre teste, ahimé!!! Però... però... qualche sterzatina, se siamo in tanti, possiamo ancora dargliela!!!” .
E pensi che la musica possa avere un ruolo importante in questo?
“Sicuramente! Perché se è vero che non può cambiare il mondo ne resta pur sempre una testimonianza sincera, di grande impatto. Soprattutto emozionale! Guai a dimenticarsene! Per quanto riguarda il mio campo, per esempio, se l’espressione musicale abbandona le sue ragioni di fondo, anche il proprio contesto, per rifugiarsi in mani commerciali... diventa non soltanto inutile, che potrebbe anche starci, ma dannosa. Perché confonderebbe disponibilità sincere, coscienze... In Italia molte cose sono sfuggite al controllo di questa nostra idea “pulita” di musica popolare. Senza far nomi, pensa soltanto a quanti, dopo aver fatto gli alternativi che più alternativi non si può, si sono affidati a mamma-major... che poi cantano anche, accettato dal contratto ovviamente, “viva la bandiera rossa” ... ma credi che loro per primi non sappiano che detto in quel contesto lì è un’altra roba? Come dirlo in uno spot per lo yogurt... Ne sa qualcosa Beppe Grillo!!! La verginità si perde una volta sola!!! Poi puoi farti la plastica, ma a chi gliela racconti???”.
Stasera hai citato Pasolini - Pasolini esce spesso nelle cose che scrivi, che canti, con la sua visione apocalittica che lo portò a decretare amaramente la fine della cultura popolare con gli anni cinquanta… Se accettiamo che quella cultura è finita, oggi cos’è per te “cultura popolare”?
“Dici niente!!! Comunque provo a spiegarmi. Se pensiamo alla cultura popolare nella sua connotazione di base, fondata cioè su valori autonomi, spesso antagonisti, rispetto alla dimensione culturale del potere, allora non esiste più, almeno in Italia, nel mondo occidentale. E ancora: se parliamo della cultura popolare tirando in ballo le sue varianti - e qui dico la parolaccia fatidica - “etniche” del mondo, per far finta che anche qui da noi continuino le tradizioni, posso dirti tranquillamente che… sono tutte palle! Pasolini, per tornare alla tua domanda, ragionava con schemi di pensiero molto precisi, e spesso violenti… Con lui noi abbiamo capito che questa storia della cultura popolare che in Italia finisce negli Anni ’50 è assolutamente vera!!! Ma tieni presente che lui parlava di morte “storica”, nel senso che alle soglie della modernizzazione della vita sociale partita da noi negli Anni ’60, venivano meno le ragioni dei linguaggi popolari così come si erano storicamente sviluppati e strutturati... Altra cosa è parlare di morte della “ragione sociale” della cultura popolare, di base, o chiamiamola come cazzo ci pare... perché in questo senso non è mai morto niente!!! Semmai ci si è trovati nell’enorme dilemma di come scovarla e poi riaffermarla senza snaturarne il tono storico!!! Ecco: la memoria storica in questo senso non soltanto non deve essere abbandonata, ma ripresa, rilanciata…. Oggi più che mai!!! Pensa soltanto alla vicenda partigiana, ai morti di Salò....”.
Non si corre il rischio di cadere nel nostalgismo, nel facile rimpianto dei valori persi ecc. ecc.?
“In certi modi di esporre la musica tradizionale non c’è solo il rischio di confondere... c’è proprio la volontà precisa di annacquare la parte “scomoda” dell’espressione popolare per lasciare spazio alla squallida rappresentazione del “com’era bello quando eravamo poveri... Ah!! Il vino di una volta! Le marmellate”... e cazzate del genere. La verità è che la musica popolare, spogliata delle sue ragioni storiche diventa banale folklore. Lo capiscono anche i non addetti, basta guardare la pubblicità! Non dico con questo che oggi ci sia un vuoto totale di quella rappresentazione della cultura popolare corrispondente all’impronta “demartiniana” da noi sposata fin dai primi passi... E’ che, ed è comunque un grosso guaio, anche le formule più dichiaratamente “complete” e ancorate ai linguaggi più profondi e radicati nella storia... finiscono per essere omologate, per usare una definizione “visionaria” di Pasolini, alla routine manieristica del mercato. Per dirla grossa... la “world music” è diventata la crosta commerciale di un bellissimo e naturale magma di espressioni culturali vere, autentiche, naturali, “altre” – come si diceva una volta - rispetto ai suoi volenterosi referenti... Certo, è una cornice bella, efficace sul piano estetico. E anche... politicamente corretta: è certo meglio l’etno-contaminazione in stile world che urlare agli arabi e agli africani, da purista padano, “merde siete e merde resterete”!!!
Quando parli di “incontro fra culture” cosa intendi?
“Un incontro vero. Io ho amici peruviani, brasiliani, scozzesi... mi sento in sintonia con chiunque viva la prospettiva del mondo come la vivo io. Sul piano musicale sono fratello naturale di tutti quelli che come me si sbattono per provare a cambiare davvero questo cazzo di sistema!!! Sono compagno di strada di chi suona e canta in questa direzione rischiando del suo, senza prendere per il culo gli sprovveduti che non conoscono certi contratti... sono fratello di chi non gliene frega niente delle strategie musicali delle case discografiche, e anzi le combatte, e le smaschera quando ti copiano e poi fanno tendenza…. Noi, per dirne una, usavamo la fisarmonica quando tutti dicevano che era uno strumento del cazzo…”. Adesso tutti, ma proprio tutti... la suonano!!! Da non sopportarla più... Scherzo!”.
Secondo te, allora, quali sono i luoghi in cui oggi la cultura popolare ha ancora il significato che aveva quando avete iniziato l’esperienza di Cantovivo?
“Prima di tutto, dove c’è ancora la tradizione vera. Nelle realtà che per sfiga... o forse per loro fortuna, sono rimaste indietro rispetto alla modernizzazione. Possono essere alcune aree del sud italiano, della Sardegna, luoghi rimasti un po’ separati dal cosiddetto sviluppo, dal ciclo produttivo industriale ecc. Poi nei luoghi simbolici del nostro tempo. Negli spazi del rifiuto dell’omologazione (ridagli con Pasolini...), dovunque abbia un senso la nostra storia. Penso al mondo reale e della memoria dei partigiani, dei contadini che si fecero ammazzare per occupare le terre in Calabria, in Puglia, in Sicilia, degli operai sradicati dalle proprie case (del nord e del sud) per ingrassare gli Agnelli, irriconoscenti e juventini... penso ai giovani senza futuro, ai pacifisti e ai ribelli che rifiutano un mondo con il marchio di MacDonald sulle chiappe... Certo che mettere insieme tutto questo in musica, con il folk nello specifico, non è facile... ma è e sarà sempre la mia bussola!! Credo che la cosa migliore che possiamo fare, specialmente noi che abbiamo raggiunto (scusa se mi tocco i coglioni!) una certa età, sia di essere sinceri, di raccontare e raccontarsi dentro la storia, cercando di spiegarla dando emozioni, senza nessuna pretesa di fare gli insegnanti... ma rendendosi semmai disponibili per costruire qualcosa insieme”.
Che interpretazione dai della tua generazione, rispetto ai destini che oggi si possono osservare. Dicevi che per quanto riguarda Cantovivo, la vostra etica è sempre stata la coerenza, costi quel che costi…
“Personalmente credo ancora nella coerenza! Anche se è dura, molto dura! Perché, capisci che viverla come l’abbiamo vissuta noi... è per mille ragioni penalizzante. Ma chi se ne frega!!! Alla fine, se si presenta qualche occasione perché cambino davvero le cose... noi, e quelli come noi, saremo lì! Pronti! “Duri e puri”, come si diceva una volta... Scherzi a parte, saremo comunque una... bella risorsa!
Certo è che qui da noi l’aria sta diventando davvero irrespirabile. Ti confesso che molte volte mi vien voglia di emigrare. Ho pensato a lungo al Portogallo che quando ci abbiamo suonato era un’oasi gauchista... poi ha vinto il centrodestra! In Francia? Anche lì sta andando al contrario… Ma dove cazzo andiamo? La mia generazione, per stare sulla prima parte della tua domanda... ha avuto la fortuna di imparare cose bellissime dai suoi anziani, dagli operai, dai contadini, dai partigiani... ha sognato di cambiare il mondo andandoci molto vicino, ha superato alla grande sbandamenti e pericoli pazzeschi... e adesso? Adesso, di fronte al crollo in corso di tutti i suoi valori di riferimento, secondo la logica dovrebbe cantare soltanto il proprio fallimento, la propria disperazione! E invece no!!! Io credo che, a parte il fatto che questo lamento l’han già fatto in troppi, dobbiamo invece muoverci, pensare-positivo, come canta il giullare Giovanotti... Voglio dirti che, anche quando abbiamo la disperazione più profonda dentro di noi, non dobbiamo smettere di lottare! “Continuons le combât” dicevano nel maggio francese. Per me vale ancora. Con la musica, con la poesia, con l’arte...”.
L’arte non come specchio, ma come martello, insomma…
“Esatto. Bretch diceva che in tempo di guerra parlare di alberi è un delitto... Lo dico spesso, perché mi capita spesso di polemizzare, con allegria s’intende, con i cultori di quella che io chiamo l’aerobic-folk-dance... Oggi imperversano, almeno dalle mie parti, e confondono un bel po’ le acque già di per sé confuse del mondo folk, perché ne usano una fetta, sbattendosene altamente le palle delle altre che non ritengono utili a sculettare e a divertirsi... Certo ne hanno tutto il diritto, ma per chi, come me, è cresciuto alla scuola del “Ci ragiono e canto” di Fo è dura considerarli della partita... Credo ci siano dei punti fermi da salvare. Innanzitutto, la dignità storica della danza popolare stessa, che è enorme, come ben sanno i pochi che la coltivano con serietà... ma, sopra ogni cosa, quella che ti ho già detto io considero la vera e propria “ragione-sociale” della cultura popolare: il suo appartenere ai muti della storia, al mondo dei “vinti”, dei sognatori, dei ribelli...”.
Pensando alla “ragione sociale”, come la chiami tu, della musica popolare, che valore dai alle cosiddette fonti? Come credi si possano rivitalizzare gli archivi in un paese in cui il museo è concepito quasi sempre come un “conservatorio” di cose morte? Come rendere la nostra memoria storica viva?!
“Come ti ho già detto, io considero fondamentale la conservazione della memoria e della coscienza storica che passa per la raccolta sistematica delle fonti (come ha fatto ad esempio l’Istituto De Martino, o noi stessi), per il loro riordino – semplificandone, se vuoi, la circolazione ancora troppo impregnata di “istituzionismo burocratico” - ritengo però altrettanto importante nel nostro tempo partire da quelle fonti per rielaborarle, reinventarle... senza aver paura di “spettinarle”, come non ce l’abbiamo di fronte a una bella donna che amiamo... Smettiamola con i timori reverenziali verso i custodi di una integrità alla fin fine spesso soltanto museale!!! Attenzione però... Smettiamola anche, come fanno in troppi, di stravolgere queste benedette fonti fino a renderle irriconoscibili!!!
Io dico: salviamo la tradizione, i documenti storici, ma lavoriamo da lì in poi con l’idea di costruire qualcosa che abbia un senso nella realtà in cui viviamo oggi. Una ballata medievale piemontese, provenzale o calabrese, la faccio rivivere realmente solo se la rivivo, appunto, dentro un contesto espressivo che mi corrisponda emotivamente...
Non credi che debba essere anche molto accattivante per chi la ascolta, specialmente se non è del settore?
“Altro che! assolutamente!!!”
E tu, voi di Cantovivo, come risolvete questo, chiamiamolo... problema?
“E’ davvero un problema... sicuramente! Ma forse neanche poi così difficile da risolvere! Provo a buttarti lì un’idea... anzi due. La prima è di adattare i comodi strumenti moderni allo stile antico... forse la scorciatoia più semplice, ma un po’ furbesca.. l’altra, più impegnativa è di mantenere la struttura minimale d’origine, esaltandone le caratteristiche fondamentali, per esempio, nel caso che ti facevo della ballata, la sua medioevalità, che non necessariamente vuol dire soltanto rifarsi alle tecniche espressive dell’epoca.... Con Cantovivo abbiamo cercato di seguire questa strada attraverso strumenti e linguaggi spesso molto diversi tra loro, ma sempre con grande sincerità, che alla fin fine, te lo ridico ancora una volta, credo sia il segreto vincente... Se sei sincero nella tua comunicazione il messaggio, per usare una vecchia parolaccia, arriva allo scopo! La comunicazione si mantiene aperta, con prospettive nuove per andare avanti... Questo, se vuoi, vale per tutte le dimensioni della vita!
A proposito di dimensioni della vita, parliamo di relazioni umane, di comunità. Vorrei sapere che rapporti hai con la tua terra, il Piemonte, che ha storicamente una lunga tradizione di gruppi musicali popolari… Ti vedo un po’ isolato, un cane sciolto…
“Sono un po’ fuori dal giro, esatto! Però... calma! Posso dirti, per star dietro alla tua domanda, che ho un ottimo rapporto con la mia terra, con le mie radici, con la gente che canta e suona come ai “bei tempi”, senza cicisbeismo - bel termine, vero? – o cose del genere. Ho un ottimo rapporto con i movimenti della Sinistra. Tutta! Anche se il cuore continua a essere rifondarolo... Se poi parliamo dell’ambiente folkettaro... beh!!! E’ vero, sono un battitore libero! Per scelta!”
Puoi spiegarti meglio?
“Ascolta: non ho nessuna voglia di fare polemiche, di criticare qualcuno!!! C’è semplicemente che esistono storie, situazioni che non condivido... e le ho sempre manifestate, perciò chi mi conosce lo sa! In Piemonte, a Torino (ma non solo!), ho un mio mondo musicale, umano e politico, che mi corrisponde, in cui sto bene, che, per dirne una... non rientra nelle logiche degli scambi, delle lobbies, dei clan… che proliferano purtroppo, come sai bene, anche nel nostro piccolo povero mondo!!! Per concludere questa parte un po’ spinosa, posso dirti, anzi ridirti, che siamo un po’ fuori contesto per la nostra ostinazione a considerare la musica popolare una scelta anche politica. Basta!!! Non farmi tirare in ballo un’altra volta Brecht! Io amo il folk, amo la ghironda, la tradizione antica, la suggestione delle ballate piemontesi, celtiche e occitane, tutto quello che vuoi!!! Ma non me ne frega un cazzo di far finta di essere sempre in festa su un’isola felice... anche perché la festa, la convivialità popolare, sono qualcosa di molto più profondo e cinghialesco di un bal-folk... arcadico e spesso fasullo! Per me la musica popolare deve pensare e far pensare alternativo - nel senso giusto - partendo proprio dal suo esserlo stata, alternativa, per secoli! Credo che la tradirei se, nel mio piccolo, non la gettassi nella mischia a provare davvero a cambiare, con la sua straordinaria energia culturale, questo mondo di merda in cui viviamo… E’ tuttora potenzialmente il più straordinario strumento di comunicazione. Per quanto mi riguarda è lo strumento con cui ho vissuto i momenti più intensi della mia vita e che in questi tempi bui mi si sta ripresentando bello e importante... Per esempio dopo aver visto, per darti un riferimento concreto, il contrasto esagerato tra la ricchezza di idee e il vuoto di espressione presenti nei movimenti da Porto Alegre in qua...”
Non ti ha mai sfiorato l’idea di cantare l’oggi come un hobo contemporaneo, con la chitarra alla Guthrie che “uccide i fascisti”?
“E’ una cosa che faccio da sempre, e faccio tuttora abitualmente! Non di uccidere... ma di sparare note contro l’imbecillità, facendo anch’io, con tutto il rispetto, come facevano i Guthrie, i Seeger, i MacColl, i Victor Jara...
torna a INTERVISTE
|
|