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LA BALLATA
Alberto Cesa
La ballata è un particolare modello di canto narrativo che generalmente coincide con la descrizione data da Costantino Nigra, il primo grande ricercatore di testimonianze orali della nostra regione, la cui raccolta (pubblicata verso la fine dell ‘800) è tuttora un punto di riferimento per quanti vogliano addentrarsi nella molteplicità espressiva della vocalità popolare fin qui riportata alla luce: ha impianto narrativo compiuto, forme metriche stabili e presenta talvolta formule stereotipe (mità la strada, a la fin de li sèt ani...). Musicalmente si articola in una struttura sostanzialmente invariata di strofa in strofa. Si può dire che il suo sviluppo muove da un ambiente magico per passare all’eroico, al romanzesco ed infine al domestico. Tutte le collezioni europee di canti narrativi rivelano una simile stratificazione, con maggiore o minore presenza di uno o dell’altro strato. E’ un dato che si può verificare facilmente anche in Piemonte, luogo di grande produzione, circolazione e conservazione di questa forma espressiva, sicuramente tra i principali d’Italia e d’Europa, analizzando attentamente sia le ballate di origine più antica (anche se nel canto popolare ogni datazione è aleatoria), come ad esempio, per restare nell’ambito di questo cd, Ungino, sia quelle più recenti come La bela Marianin. Sicuramente i temi più ricorrenti appartengono al filone romanzesco che muove dalla poesia popolare, dai romanzi e dai racconti medioevali di ogni angolo d’Europa. In questo contesto la ballata, detta anche canto epico-lirico o, più semplicemente, canto narrativo, muove i suoi personaggi (contadini, monaci, servi, pastorelle, principi, cavalieri, dame, soldati...) in un mondo di castelli, villaggi e foreste, sostanzialmente simili in ogni angolo d’Europa, per raccontare storie tristi, spesso drammatiche, talvolta truci... descrivendole sempre, secondo una delle sue caratteristiche più interessanti, con la massima essenzialità e concretezza. L’ampia diffusione della ballata romanzesco-medioevale ha radici nella grande mobilità, comune a tutti gli strati sociali, dell’uomo del Medioevo: troubadours, trouvères, minnesänger, giullari, girovaghi, cantastorie, musicanti, riempiono le corti e le piazze d’Europa di storie cantate. La sua esclusiva collocazione popolare, tuttavia, inizia soltanto quando l’espansione della cultura scritta determina una netta divaricazione tra cultura egemone e cultura popolare. Relegata quindi, nella sua configurazione originaria, alla sola area della vita contadina, questa forma di canto assume e conserva, praticamente fino ai giorni nostri, il carattere di documento della società medioevale, restando di fatto impermeabile alle trasformazioni musicali e culturali del mondo circostante e “sovrastante”. Infatti, anche laddove si presenta con qualche più o meno evidente forma di contaminazione, la ballata rivela sempre, attraverso le sue trasparenti stratificazioni, le radici più profonde della nostra cultura popolare.
pubblicato dalla rivista HOMO LUDENS
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